Percorre la chiostrina
(elleboro, tabacco e mormorii)
con tutto il peso della nebbia sulle spalle.
Le otto del mattino, frecce a raffica
sulle strisce pedonali.
Uno chignon di rame
ondeggia fra le teste calve.
La diligenza del buon padre di famiglia,
qui, è palpabile.
Geremina alla fermata
sorride da idiota
e stende la mano
“Merdaoro! Merdaoro!”
Una luce scocca
dai pochi incisivi rimasti. Al volo,
afferra il lembo del cappotto nero.
Fonde l’iride di berillio
(hai gli occhi di tuo padre).
Geremina Merdaoro
ritrae la mano,
sbatte un occhio di pervinca
e muore un altro po’.
Nella luce bianca,
fra asfalto e fumo denso,
una Renault Quattro avana
scoppiettante, se ne va.