Le mie poesie
indossano blue jeans
e giubbotto in ecopelle.
Han gambe lunghe
e calzano ballerine
per danzare comodamente
e saltellare di cuore in cuore
con vertigine di borotalco,
e sopravvivere al loro tempo
come farfalle sottovuoto.
Le mie poesie
non si formalizzano,
sono piccole e leggere
– da passeggio –
le puoi ripiegare in quattro
e riporre in qualche tasca
del tuo sentire.
Le mie poesie
non rispettano le regole,
parlano al conducente,
ostentano ironia,
pongono domande.
Egocentriche,
presuntuose e supponenti,
ma son sempre le mie poesiole.
Le mie poesie
vanno a letto tardi,
ogni sera,
e disturbano il mio sonno
srotolando stelle e pensieri
fra le pieghe dei cuscini.
Le mie poesie
profumano di pane e di carta,
vorrebbero profumare di incenso,
ma non ne hanno la licenza.
Alle mie poesie
piace andare al mare
e in treno
e in trattoria
e al mercato,
alle feste patronali e dal panettiere,
nei piccoli musei e a teatro,
sui ponti a guardare i torrenti
e sui bruni crateri fumanti,
fra i vicoli di parietaria
fra i viali di pietra
fra la gente che soffre
fra i giochi dei bambini,
ai cortei
di alpini, reduci, studenti, disoccupati, scioperanti.
Dal vero o in vitro,
tutto fa lirica!
Non posano mai il capo, le mie poesie
non mentono
non si rassegnano
non si avviliscono
portano un messaggio,
un sigillo,
la mia cifra.