di Loredana Lorusso
La comunità letteraria della UNIVERSITA’ DELLA POESIA ‘JUAN RAMON JIMENEZ’ diretta da Daniele Giancane, ha questa volta deciso di condividere momenti di poesia spostandosi a San Fele.
Tralasciando le notizie storiche di questo piccolo comune lucano, a cui ognuno può accedere googlando, la nostra comunità letteraria itinerante ha scelto di fargli visita in quanto terra natia di una poetessa nota per l’originalità e la forza dirompente dei suoi versi: Assunta Finiguerra.
A due ore di macchina da Bari, San Fele alla vista appare come “un grumo” di case abbarbicate sul “punto di sella” compreso tra il monte Castello ed il monte Torretta.
Ad accoglierci nella piazzetta antistante il cimitero, un monumento suggestivo, opera dello scultore lucano Masini, denominato “la famiglia” dedicato agli emigranti lucani nel mondo. Su una base di marmo svettano due statue di bronzo: un uomo e una donna che a braccia tese verso il cielo sorreggono un bambino. Un messaggio di speranza per tutti quei migranti che nel dopoguerra hanno lasciato i paesi rurali per tentare fortuna in America.
Dopo esserci ristorati nel piccolo bar “La fasanella” il cui nome riporta alla mente quello di uno dei tanti briganti a cui San Fele ha dato i suoi natali, ci incamminiamo come in una silenziosa processione verso il piccolo cimitero del luogo il cui sentiero pedonale, paradossalmente, costeggia un parchetto giochi con tanto di scivoli ed altalene per i più piccoli, e non solo, visto che una delle poetesse del gruppo ha approfittato di una altalena per dondolarsi e ritrovarsi bambina.
Varcata la soglia del cimitero, a pochi passi dall’entrata la semplice tomba a terra della nostra Assunta Finiguerra. Una tomba un po’ trascurata, qualche erbaccia qua e là, fiori plastificati e impolverati, quasi anonima se non fosse per il suo epitaffio inciso nella pietra e quella fotografia di una donna fulva atteggiata quasi a voler dire: “Guardeme nfacce…”
In contrasto al suo carattere spigoloso e grezzo, dal suo epitaffio traspare una dolcezza struggente, la stessa che forse la poetessa tentava disperatamente di celare quasi fosse sinonimo di debolezza: -Mi regalarono un fazzoletto di gigli e i miei occhi prosciugarono i campi-.
Disponendoci a cerchio intorno alla sua tomba, quasi in un simbolico abbraccio, dopo una breve e commossa introduzione del professor Giancane, ognuno di noi le ha reso omaggio leggendo i suoi versi, alcuni pregni di rabbia ( Il testamento, Dio e il diavolo, Io sò na cafona, gli uomini sono chiodi…), altri di tenero incanto (io sono una poetessa zappatore…a terra è mamma mije…,a rose ca gallege ndò becchiere me guarde cu duje uocchje annamurate…chiange e cume chiange u ciucce!, Damme na lune ca sije na mantiglia…,Osce sò na farfalla mbusumate…,Aggia perse l’anema da quacche parte…).
È stato come spargere su quella tomba petali di rosa, fiori di cactus e gigli bianchi insieme, purezza, eros e rabbia dappertutto a dispetto di quei fiori plastificati.
Nel congedarci mi ha colpito un dettaglio: nei pressi della sua tomba c’era un uovo dipinto. Non so cosa ci facesse lì un uovo,
germe e simbolo di vita, sospeso tra fragilità e capacità generante, come la stessa Assunta descrive in una sua poesia per parlare del sole di San Fele:
…isse è nu russë d’uove nda ru juanghe
pure s’affoche u cuózzele nun perde
sole mije sule tu sì cchianda vérde
si a vite scappe, tu nun cuanussce morte..
Dopo questa parentesi così toccante, la nostra gita è proseguita alla scoperta dei tesori naturalistici del paese, come le cascate degli innamorati ed il bosco di Santa Croce.
Silenzi surreali, respiri di foglie al vento, risate argentine di acque scroscianti e non ultimi i sapori genuini di una cucina tradizionale del luogo.
Non poteva mancare una visita ad un luogo di culto venerato dai Sanfelesi, ovvero il Santuario della Madonna di Pierno, suggestivo per la sua disarmante semplicità che, come ci ha raccontato un fedele, il sacerdote del posto non vuole che si violi durante le celebrazioni, neanche con un fiore.
Anche stavolta Il fluido magico della poesia della comunità itinerante ha riempito l’aria, in un turbine inebriante di sensazioni che solo la poesia dei grandi riesce a dare.
Grazie Assunta e grazie San Fele.
Loredana




