Ho di che scusarmi
per le precedenze non date
e per il broncio al risveglio,
per i fogli scialati
per il lavoro sprecato
per i ritardi
le indecisioni
le ingratitudini
le ipocondrie
le sbavature
le indiscrezioni
gli anglicismi
le distrazioni freudiane
le valigie pesanti
le camminate estenuanti
le carcasse mai abbandonate
le energie dissipate
le parole mancate
le mancanze affettive
gli insetti schiacciati
i fiori recisi
i libri sgualciti
il disordine atavico
il volume troppo alto
i rapporti non curati e appassiti
l’altruismo a salve
la stanchezza ostentata come un merito
le torte bruciate
i regali non impacchettati
i cibi surgelati.
Ho di che scusarmi
perché
abbraccio poco
ascolto meno
non prego più.
Ho di che scusarmi
per ciò che ho sprecato
per ciò che ho preso senza chiedere
per ciò che ho detto senza credere.
Ho di che scusarmi
perché disegno quadrati
per viverci dentro,
per le frenesie
antidoto alla morte,
per le malinconie malcelate,
l’apatia facile,
perché mi aggrappo
e non volo.