Eravamo semplicemente il futuro remoto!

Ci credevamo il futuro,
il punto d’arrivo,
la perfezione,
mentre le bisce divoravano l’Italia.

O forse ero io
che dal tavolo bianco della mia cucina
vedevo robottoni, spadaccini e orfanelle
come eroi di cartone delle mie giornate.

Così fra scale mobili,
mucche pazze e radiazioni,
raggiungemmo la fine di un millennio
con un virus nuovo da dichiarare.

Delle guerre, delle torri
e gli attentati,
degli immigrati e la fame,
c’è chi ne paga il prezzo,
chi prende posizione
e assoluzione,
chi non ne afferra il senso.

Eppure è tutto lì,
scritto nelle nostre ossa,
nei capelli che strappammo,
nei denti stretti
a far finta di non stare affondando.

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