Ci credevamo il futuro,
il punto d’arrivo,
la perfezione,
mentre le bisce divoravano l’Italia.
O forse ero io
che dal tavolo bianco della mia cucina
vedevo robottoni, spadaccini e orfanelle
come eroi di cartone delle mie giornate.
Così fra scale mobili,
mucche pazze e radiazioni,
raggiungemmo la fine di un millennio
con un virus nuovo da dichiarare.
Delle guerre, delle torri
e gli attentati,
degli immigrati e la fame,
c’è chi ne paga il prezzo,
chi prende posizione
e assoluzione,
chi non ne afferra il senso.
Eppure è tutto lì,
scritto nelle nostre ossa,
nei capelli che strappammo,
nei denti stretti
a far finta di non stare affondando.